La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

mercoledì 13 aprile 2022

Orazio, Seneca e Il Tempo

 

Orazio, Seneca e Il Tempo
Di Vincenzo Giaculli
Su invito di mia moglie al riordino della scrivania e al ripristino della mia libreria, mi capita di ritrovare tra le carte, vecchi appunti liceali.
Tra le "sudate carte" mi sono capitati tra le mani appunti di un una lezione del mio professore di filosofia, che parlavano del tempo secondo il filosofo latino Seneca.
Essendo passato molto tempo non ricordavo più questa lezione di filosofia latina ed io concittadino del vate venosino Orazio, ricordo solo il "Carpe diem".
Questa cosa mi ha piacevolmente incuriosito, dicendomi: fammi vedere che studiavo e cosa scrivevo quando ero ancora uno spensierato giovincello.
Così mi sono letteralmente tuffato con tutto me stesso dentro questi appunti ed è iniziata così questa mia nostalgica riflessione:
la differenza di pensiero sul tempo tra il nostro Quinto Orazio Flacco, vissuto dal 65 al 8 a.C. ed il politico e filosofo Lucio Anneo Seneca, vissuto invece dal 4 a.C. al 65 d.C. è sostanziale.
Ieri, come oggi, uno dei principali problemi delle nostre giornate è la mancanza di tempo.
Quante volte, svegliandoci la mattina, siamo presi dall’ansia delle molteplici cose che abbiamo da fare nel corso della giornata?
Peggio ancora a fine serata, quando ci si è appena distesi a letto o sul comodo divano di casa: la testa poggiata sul soffice cuscino, il corpo disteso e la mente che finalmente si libera, che si libera si dalle preoccupazioni dei problemi appena trascorsi, ma che viene subito soffocata dalle nuove apprensioni e dai pensieri del giorno dopo.
Il mondo moderno è noto per la sua frenesia: il monotono tic-tac delle lancette è diventato metaforicamente il rumore di fondo della nostra vita, il suono che crea nelle orecchie il silenzio assoluto.
Tutto è più veloce. Non c'è tempo, bisogna correre, mai fermarsi.
Il tempo ormai per noi, uomini moderni ed industrializzati del III millennio, è diventato un’ossessione, una continua rincorsa di qualcosa che non si raggiunge mai e che ci impedisce di assaporare il momento presente.
In questo caso il mondo antico ci offre le sue perle di saggezza.
Orazio ha ragione: il "carpe diem" del nostro amato poeta ci è ben noto.
Secondo il poeta latino, convinto epicureo, il tempo scorre inarrestabile e la vita è breve.
L’uomo non può conoscere il futuro, che resta imperscrutabile, e non può neanche determinarlo.
Nell’impossibilità di fermare il suo flusso continuo e di opporsi alla morte, l’uomo deve afferrare l’attimo, sottraendosi almeno per un istante alla fuga del tempo.
Il presente è l’unica cosa su cui l’uomo può esercitare la propria volontà, agendo e godendo dell’attimo.
Egli infatti dice nell' XI poesia I libro delle Odi rivolgendosi a Leuconoe, donna da lui amata:
"Tu non domandare – è un male saperlo – quale sia l’ultimo giorno che gli dei, Leuconoe, hanno dato a te ed a me, e non tentare gli oroscopi di Babilonia.
Quanto è meglio accettare qualunque cosa verrà!
Sia che sia questo inverno – che ora stanca il mare Tirreno sulle opposte scogliere – l’ultimo che Giove ti ha concesso, sia che te ne abbia concessi ancora parecchi, sii saggia, filtra il vino e riduci le eccessive speranze, perché breve è il cammino che ci viene concesso.
Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso: cogli l’attimo, fidandoti il meno possibile del domani".
Seneca, diversamente da Orazio, essendo uno stoico convinto, valuta il tempo qualitativamente, egli fa un altro tipo di ragionamento:
la vita non è breve, ma siamo stati noi ad averla resa tale, sprecandola in occupazioni febbrili e dispersive che ci allontanano da noi stessi.
Seneca con il suo "De brevitate vitae", cioè "Sulla brevità della vita", trattato filosofico che occupa il decimo libro dei Dialoghi, rivolgendosi all'amico Pompeo Paolino, generale romano, ci dice che se la vita è breve è colpa degli uomini:
"La maggior parte dei mortali, o Paolino, si lamenta per l’avarizia della natura, perché veniamo al mondo per un periodo troppo breve di tempo, perché questi intervalli di tempo a noi concessi scorrono tanto velocemente, tanto rapidamente, al tal punto che, se si fa eccezione per pochissimi, la vita abbandona gli altri proprio mentre si stanno preparando a vivere…
Da qui quella famosa esclamazione del più grande fra i medici:
“La vita è breve, l’arte (della medicina) è lunga”;
Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perso molto.
Ci è stata data una vita abbastanza lunga e per il compimento di cose grandissime, se venisse spesa tutta bene; ma quando si perde tra il lusso e la trascuratezza, quando non la si spende per nessuna cosa utile, quando infine ci costringe la necessità suprema, ci accorgiamo che è già passata essa che non capivano che stesse passando.
È così: non abbiamo ricevuto una vita breve, ma l’abbiamo resa tale, e non siamo poveri di essa ma prodighi".
Poi Seneca, continuando nella sua esposizione, parla di come l’uomo, sempre ansioso tra i molti impegni, spreca la vita trasformandola in tempo.
“Piccola è la porzione di vita che viviamo”.
Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo.
Solo in questo modo si può rendere immortale l’attimo.
Rileggendo questi appunti mi sono accorto, ora come allora, di quanta saggezza, anche se in modo divergente, possedessero gli antichi pensatori romani, erano molto più saggi di noi uomini moderni.
Sono felice di aver ritrovato e riletto questi appunti, per un po' la mia mente si è immersa in un mondo che avevo dimenticato, e la mia mente si è liberata, anche se per poco, dagli affanni quotidiani e dalle preoccupazioni di tutti i giorni.
Non sprechiamo il nostro tempo, ma impieghiamolo meglio: è vero che dobbiamo cogliere l'attimo, in quanto esso fugge e non torna più, ed in funzione di ciò facciamolo possibilmente anche in modo sereno, positivo, produttivo, utile e proficuo.
Orazio e Seneca due maestri di 2000 e più anni fa, ma ancora estremamente attuali.



Vincenzo Giaculli

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