La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

sabato 25 marzo 2017

25 Marzo - L'Annunciazione "nostrana".

Nella ricorrenza del 25 marzo, giorno in cui la Chiesa celebra l'Annuncio dell'Arcangelo Gabriele a Maria, voglio parlare di una Annunciazione tutta “nostra”, cioè di un quadro poco conosciuto di Carlo Maratta, che rappresenta appunto l’Annunciazione, che si trova nella Cattedrale di Venosa.
La Annunciazione del Maratta a Venosa è un dipinto a olio su tela (166x114 cm), databile al XV sec. e conservato nella Cattedrale della cittadina oraziana.
La tela dell’Annunciazione è stata dipinta per la precisione nel 1665 dal pittore marchigiano Carlo Maratta, vissuto a Roma alla corte papale.
Secondo gli studiosi, l’artista dipinse questa tela su commissione dell'illustre card. Giovanni Battista De Luca, venosino e grande giurista, il quale conosceva bene il Maratta, essendo questi, appunto, assiduo frequentatore della corte papale.
L’artista, in questa tela, dipinge l’esatto istante in cui arriva l’Angelo a ad annunciare a Maria, che sarà Lei la prescelta che porterà in grembo il Figlio di Dio.
Molti altri artisti prima di Maratta o Maratti si sono cimentati nella riproduzione di questa tradizionale scena evangelica, come ad esempio Giotto, il Beato Angelico, Simone Martini, Leonardo, Lorenzo Lotto, Lorenzo Costa ed anche Caravaggio; anche il Maratta, ispirato dai maestri romani del suo tempo come Raffaello, Annibale Carracci e Guido Reni, su commissione del Card. G.B. De Luca rappresentò questo episodio, disegnando prima e dipingendo poi un angelo ancora in volo ed in procinto di atterrare, secondo il suo stile e la moda del suo tempo.
L'Annunciazione è risolta dal nostro artista in questo modo:
a destra della tela in alto è posizionato, sospeso nell’aria, l'angelo Gabriele con le sue grandi ali.
Il braccio destro è proteso in basso verso la Vergine e gli porge il giglio bianco.
Con il braccio sinistro, in un gesto un po' innaturale, l’Arcangelo indica lo Spirito Santo, che si è manifestato in una colomba bianca e raggiante. Il suo volto è bello, radioso e celestiale; è biondo con capelli lunghi ed ondulati. 
Il suo aspetto è possente, la sua corporatura è robusta ed esprime forza e potenza, la stessa potenza e forza che è emanata da Dio di cui Egli ne è il messaggero.
Maria è in ginocchio davanti alla figura sospesa dell’angelo, ha una veste rossa ed un mantello azzurro, che sembra cadergli dalle spalle ed è mantenuto raccolto su un braccio, poiché colta di sorpresa dall’arrivo improvviso del Messaggero divino.La mano sinistra è accostata dolcemente al petto, in segno di umiltà ed accettazione.
Il braccio destro è aperto ed allargato rispetto al corpo, con il palmo della mano rivolto verso terra, in segno di venerazione e rispetto. Il suo gesto, quasi di difesa, è quello di chi si sente colpita da un richiamo improvviso.
Il capo di Maria è chino, non osa neppure volgere lo sguardo al suo interlocutore. Il suo viso è quello dolce di una giovane fanciulla, per nulla serena, anzi alquanto turbato, visto l’annuncio appena ricevuto dall’Angelo.
Dinanzi alla Vergine in primo piano è ben visibile un’anfora con decorazioni barocche a due manici, dall’interno della quale si staglia un ramo di gigli bianchi (simbolo della purezza dell’animo: “tota pulchra es Maria”); mentre per terra dinanzi all'anfora vi è un cesto con all’interno un lenzuolo bianco e candido (simbolo della verginità di Maria: “speculum sine macula”).
Chiudono la scena quattro gruppetti di angeli oranti e festanti, dislogati in alto a sinistra della tela e coadiuvanti l'Arcangelo Gabriele, alcuni raffigurati a figura intera, altri solo la testa con piccole alette:
Oggi, il grande quadro del XV sec è affisso così in alto sulla navata di sinistra della chiesa che la vista della bella tela del Maratta è preclusa a molti, poichè è collacata molto in altro, solo alcuni infatti distrattamente gli volgono lo sguardo e scorgono il quadro.

A mio avviso tale opera merita più rispetto e merita di essere valorizzata meglio, magari esponendola in un luogo di facile accesso e visibile a tutti, oltre ad essere un vero capolavoro del XV secolo è anche un bel quadro e merita non solo di essere venerato per ciò che rappresenta ma merita anche di essere ammirato e studiato.
Carlo Maratta o Maratti è un pittore vissuto dal 1625 al 1713.
Nasce a Camerano (AN) e muore a Roma.
Dopo la morte di Pietro da Cortona (1669), Maratta divenne il pittore più importante di Roma.
Ebbe la carica di Accademico di S. Luca e ottenne da re Luigi XIV la nomina di "pittore del re".
I libri di storia dell’arte ci dicono che la pittura di Carlo Maratta "viene progressivamente filtrata attraverso lo studio di Raffaello e delle opere romane di Annibale Carracci e Guido Reni, i modelli artistici indicati dalla dottrina del Bellori.
In questo processo egli elabora i modi della sua produzione matura, caratterizzata da una dosata miscela di classicismo, di cui fu il riconosciuto maggior rappresentante, e delicati spunti barocchi". (De Marchi).