La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

lunedì 18 aprile 2016

L’angelo birichino

Per quanto possa sembrare strano qui a Venosa, nella chiesa vecchia della SS Trinità esiste un angelo dispettoso, oserei dire birichino; no, non ho detto ribelle, ma dispettoso, tendente al birichino!
Birichino perché il volere degli uomini, legati alle passioni terrene, a volte non collima con quello celestiale degli angeli e loro sanno come farsi valere ed ascoltare.
Questo nostro angelo ha scelto davvero un sistema insolito per farsi rispettare, disubbidendo al volere maldestro degli uomini.

L’uomo con la sua mano ha tentato più volte di farlo sparire, convinto che alcuni angeli fossero inutili; però ha fatto male i suoi calcoli: sono gli angeli che decidono se, come e quando sparire.
Ma procediamo per ordine.
Fino ad una quarantina di anni fa circa, prima che l’antica abbazia della SS Trinità di Venosa venisse chiusa per anni, per dei lunghissimi lavori di restauro, negli addetti ai lavori del tempo non era ancora viva la coscienza e la cultura della tutela e della conservazione dei beni culturali e di tutte le opere artistiche in genere, come lo è oggi, per cui non si faceva molta attenzione alle opere d’arte ed ai capolavori in essa contenuti e purtroppo, mal custoditi.
Varcato il primo portone d’ingresso esterno, quello con i leoni, ci si trova di fronte al secondo e splendido portale trionfale dell’abbazia; varcato anche questo si entra in un’altra dimensione.
Le lancette del tempo sembrano fermarsi al medioevo.

In un religioso silenzio ci si immerge nella storia, quella con la “S” maiuscola, che questo luogo rappresenta, per ciò che è accaduto ed è passato qui in secoli di storia, perché qui è la storia che parla.
Subito dopo l’attraversamento della soglia d’ingresso, volgendo lo sguardo a sinistra, ci si imbatte in un ricco e suggestivo fonte battesimale; sollevando ancora lo sguardo in alto sul muro, si poteva osservare ciò che rimaneva di un affresco ormai irrimediabilmente rovinato, sia dall’insulto del tempo, che dall’incuria degli uomini; l’unico frammento visibile, ben conservato e perfettamente riconoscibile è la testa di un bellissimo e paffutello angioletto riccioluto.

Si è pensato allora: cosa fare di questa grande parete bianca con affresco malridotto?
In fondo c’è solo la testa di un piccolo ed insignificante angelo; sarebbe meglio sacrificarlo per una parete più “pulita”, meglio tinteggiarla e rinfrescarla.
Per cui nell’arco di alcuni secoli si è tentato più volte di cancellare o rimuovere con maldestre e goffe pitturazioni i frammenti degli affreschi malconci, compresa la sagoma dell’angelo.
Più si tinteggiava, più la testa dell’angioletto riappariva.
Ciò che allora aveva del miracoloso era, che malgrado le diverse sovrapposizioni di mani di pittura, la testa dell’angelo, a dispetto degli uomini non si riuscì mai a cancellarla ed eliminarla.
Ed ecco che la leggenda è bella e servita.

I riccioli biondi dell’angelo, gli occhi azzurri e le sue gote belle e paffute, a dispetto dei goffi pittori, riapparivano sempre.
Non si può lottare con un angelo ostinato, ci aveva già provato Giacobbe secoli addietro, (ma questa è un’altra storia), no, proprio non si può.
Dopo lunghi restauri però si è giunti ad un compromesso: oggi l’immagine dell’angelo non è sparita, però è stata sfrattata.
Non si trova più sulla sua parete originaria, ma per motivi conservativi e logistici è stata rimossa e staccata con tutto l'intonaco.
Attualmente questo magnifico frammento, di quello che probabilmente in passato doveva essere un grande e bello affresco, è stato collocato sul una finestrella murata sul muro in fondo alla navata di destra dell’abbazia stessa, a ridosso del magnifico altare ligneo barocco, con al centro un grande crocifisso, altare che ospita il SS Sacramento.

Ora l’angioletto non ha motivo di indispettire più nessuno; al contrario ha una collocazione molto più meritoria ed adatta al suo essere.
Si trova al cospetto del suo Dio, Uno e Trino e non più lontano dai sacri riti, come lo era un tempo, quasi emarginato in fondo alla chiesa, in tal modo può continuare a cantarne le laudi al suo Signore, come solo lui, a dispetto di noi umani, sa fare.
Qui è nata secoli addietro e qui finisce oggi la leggenda metropolitana dell’angelo birichino.

Vincenzo Giaculli