La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

mercoledì 30 novembre 2016

Gli "Apostoli di Sant'Andrea" - Sant'Andrea

30 Novembre festività di Sant’Andrea Apostolo
Quale migliore occasione per parlare un po’ del santo a cui è intitolata la nostra Cattedrale di Venosa?
Gli “Apostoli di Sant’Andrea" della Cattedrale di Venosa:
Sant’Andrea
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È il santo Apostolo principe di questa chiesa ed il grande quadro che lo ritrae è molto suggestivo ed altrettanto espressivo: raffigura l’Apostolo con la tunica azzurro ceruleo ed un mantello di color rosa antico nell’atto di abbracciare la “sua” croce;
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Andrea è ritratto nel mentre affronta impavido il martirio, ci appare sereno, rassegnato e consapevole di ciò che lo aspetta ed estasiato di morire per il suo Signore.
La sua corporatura è massiccia e robusta; guarda in alto, i suoi occhi sono rivolti al cielo in segno di accettazione della santa morte; egli è rappresentato con “calvizia ippocratica” e con barba folta e bianca; braccio sinistro proteso in avanti e la mano aperta; nella mano destra stringe un libro, aperto sulla dicitura: “SALVE, CRUX PRETIOSA” e due grossi pesci penzolano più sotto, a ricordo dell’episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci, infatti fu Andrea a presentare il ragazzo con i pani e i due pesci (Gv 6,8-13).
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Andrea infatti fu martirizzato, crocifisso su una croce a X (lettera dell’iniziale del nome greco di Gesù), fu portato sul luogo del martirio legato con corde ai polsi.
L’intera figura dell’Apostolo poggia su un piedistallo, ricco di ornamenti barocchi.
È il dipinto più grande della serie, è l’unico quadro dell’intero ciclo ad avere un piedistallo, che è un trono, perché la Cattedrale è a lui dedicata. Stranamente è anche l’unico Apostolo a non avere l’aureola.
I suoi simboli sono: la croce ad X chiamata croce di S. Andrea, (strumento del suo martirio), la rete e i pesci in quanto strumenti del suo mestiere.
Le sue categorie di protezione sono pescatori e pescivendoli.
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Andrea dal greco significa virilità e coraggio.
Nacque a Betsaida in Galilea nel primo secolo a.C., era figlio di Giona e fratello di Pietro.
Il suo culto si diffuse nel medioevo dove assunse i tratti del santo pellegrino e guerriero.
Precedentemente alla conoscenza di Gesù, Andrea era pescatore come suo fratello Pietro e discepolo di S. Giovanni Battista e fu il primo ad essere chiamato da Gesù;
è stato anche il primo vescovo di Costantinopoli.
Il grande quadro fa parte di una serie di dipinti con cornici mistilinee, che corrono lungo le pareti perimetrali della cattedrale e che rappresentano i SS. Apostoli.
Il ciclo è attribuito dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII.
I quadri sono a figura intera e coperti con ampi panneggi.

lunedì 21 novembre 2016

Gli "Apostoli di Sant'Andrea" - San Giacomo Maggiore

Gli “Apostoli di Sant’Andrea" della Cattedrale di Venosa:
San Giacomo Maggiore
Il quadro fa parte di una serie di dipinti con cornici mistilinee, che corrono lungo le pareti perimetrali della cattedrale.
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Nel nostro dipinto San Giacomo si presenta così: i capelli e la barba sono scuri molto simili a quelli di Gesù ed indossa: tunica azzurro cobalto e mantello giallo testa di moro.
La mano destra è stretta al petto, mentre con la mano sinistra regge un grosso libro ed un bastone da pellegrino.
Sul petto è visibile e riconoscibile la classica conchiglia a capasanta.
La tunica è legata in vita e le maniche sono rimboccate.
I suoi classici attributi sono il cappello ed il bastone da pellegrino con una zucca gialla essiccata, utilizzata come borraccia per abbeverarsi, la bisaccia e una conchiglia;
oltre a questi ha anche il libro, la spada e lo stendardo.
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Il nome Giacomo deriva dalla radice GB che vuol dire “proteggere” o “seguire”.
Nacque in Palestina nel primo secolo a.C.
Era figlio di Zebedeo e Salomea e fratello di Giovanni.
I due fratelli furono chiamati da Gesù “figli del tuono” per sottolinearne l’inesauribile zelo di cui questi erano dotati, ma anche il loro temperamento nervoso.
Prima di conoscere Gesù era pescatore come il fratello.
Il suo culto si diffuse in modo particolare in Spagna dopo il ritrovamento delle reliquie a Santiago.
Giacomo Maggiore fu il primo ad evangelizzare la Spagna.
Egli fu testimone della trasfigurazione e fu presente nel giardino del Getsemani.
Fu il primo apostolo martire; alla morte di Gesù fu imprigionato, flagellato e decapitato con una spada nell’anno 42 d.C. a Gerusalemme da Erode Agrippa.
Le categorie di protezione di Giacomo Maggiore sono pellegrini, cavalieri, soldati.
Il quadro fa parte di una serie di dipinti con cornici mistilinee, che corrono lungo le pareti perimetrali della cattedrale.
Rappresentano i SS. Apostoli.
Il ciclo è attribuito dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII.
I quadri sono a figura intera e coperti con ampi panneggi.

giovedì 17 novembre 2016

Gli “Apostoli di Sant’Andrea" - San Pietro


Gli “Apostoli di Sant’Andrea" della Cattedrale di Venosa:
San Pietro
San Pietro, detto Simon Pietro è il leader degli Apostoli, è raffigurato con una tunica di color azzurro ceruleo ed un mantello giallo senape, la testa rivolta verso destra e con il braccio destro sembra voler invitare coloro che lo guardano a seguire la via del “Maestro”, nella mano sinistra stringe le “chiavi” ed un libro, a ricordarci il “principato” conferitogli da Gesù e dei suoi due scritti.
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Simon Pietro era chiamato da Gesù: “Kefa”, “Petros” in latino, cioè roccia, pietra.
Questo deriva dal fatto che Gesù lo chiamò e gli disse: “Su questa pietra edificherò la mia chiesa”.
Pietro nacque a Betsaida in Galilea a metà del primo secolo a.C visse a Cafarnao e morì a Roma nel 64-67 a.C.
Secondo alcune fonti storiche e secondo quanto ci dice il canonico Giuseppe Crudo in un suo libro, l'Apostolo Principe, cioè San Pietro, nel suo cammino per recarsi a Roma, si fermò alcuni giorni ed evangelizzò a Venosa, ma di questo parleremo un'altra volta.
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A Roma Pietro fu gettato in prigione e condannato a morte da Nerone, crocifisso legato con una fune a testa in giù.
Pietro era figlio di Giona e fratello di Andrea.
È venerato ovunque e gli scritti che gli sono attribuiti sono la prima e la seconda lettera di Pietro e la lettera alla chiesa di Corinto.
Prima dell’incontro con Gesù egli era un pescatore del lago di Tiberiade.
Dopo la morte di Gesù, Pietro predicò la sua parola e ispirò i primi cristiani, fu lui il primo papa.
Le sue categorie di protezione sono: fabbricanti di chiavi, perché gli sono state donate quelle del paradiso, pescatori, pescivendoli, portieri.
I simboli che gli vengono attribuiti sono: le chiavi, il libro, il gallo, la barca e la rete.
Il primo per il motivo già detto; il libro in quanto a lui sono attribuiti alcuni scritti; il gallo perché Gesù gli predisse che al canto del gallo Pietro lo avrebbe rinnegato tre volte; gli ultimi due riguardano la sua attività di pescatore.
Nell’ iconografia classica Pietro talvolta lo troviamo rappresentato in vesti papali.
Egli spesso è rappresentato con San Paolo, che sono stati entrambi martirizzati a Roma, entrambi sono i protettori della città di Roma.
San Pietro con le chiavi sono l’emblema per eccellenza del soglio pontificio.
Serie di dipinti con cornici mistilinee, che rappresentano i SS. Apostoli; attribuita dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII. I quadri sono a figura intera e coperti con ampi panneggi.

giovedì 10 novembre 2016

Gli “Apostoli” di Sant’Andrea

Entrando nella Cattedrale di Venosa (PZ) una delle opere che attirano l’attenzione del devoto e/o del visitatore è il dipinto di Sant’Andrea, alla quale è dedicata questa chiesa.
Oggi il quadro, di notevoli dimensioni, è collocato dietro l’altare in fondo alla chiesa, nell’abside a lunetta, ma anticamente il dipinto si trovava incastonato sul soffitto a cassettoni al centro della navata centrale. Purtroppo di questo prezioso ed antico soffitto a cassettoni ne abbiamo solo uno sbiadito ricordo.

Lungo i muri delle navate si possono apprezzare una serie di dipinti con cornici mistilinee, che rappresentano i SS. Apostoli: sono a figura intera e coperti con ampi panneggi.
Il ciclo dei dipinti è attribuito dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII.


Bisogna dire che i dipinti pur essendo di notevole fattura, purtroppo si apprezzano poco, perché collocati troppo in alto per ammirarne la bellezza e le caratteristiche.
I quadri sembrano essere dipinti ad olio su tela.
Il ciclo dei quadri è composto da dodici dipinti delle medesime dimensioni, più uno notevolmente più grande.
La stesura del colore rivela l’urgenza del nostro pittore di catturare un’impressione di luce o uno stato d’animo di ognuno dei soggetti ritratti.
Guardando ed analizzando con più attenzione questi quadri, mi sono posto alcune domande: quale sia il senso di queste opere?
Cosa vogliono trasmette? 
Cosa vogliono cogliere?
Come sono fatte?

Cosa rappresentano e cosa comunicano?
La poetica di questo ciclo pittorico, a mio avviso, si manifesta attraverso un linguaggio, fatto di luce, colori, forme, composizione e simboli, con cui il soggetto viene trattato.
Si tratta di soggetti simili, ma diversi, capaci di comunicare, appunto, “messaggi” diversi.
Capire la poetica di queste opere è un elemento di lettura imprescindibile, la cui mancanza produce una relazione molto superficiale con le opere stesse.
Cogliere solo l’aspetto formale, secondo me, fa perdere ogni rapporto autentico con il dipinto.

I dipinti, a mio avviso, considerata anche la collocazione, sono stati concepiti come finestre che si aprono sul cielo, e quindi per mostrare una realtà celeste, piuttosto che una terrena.
L’artista per dipingere le vesti degli Apostoli ha usato 4 colori fondamentali: il rosso porpora, il giallo testa di moro, il azzurro cobalto o ceruleo ed il rosa antico, ma non mancano il celeste, il verde oliva ed il bronzo, lo sfondo dei quadri è sempre scuro ed indefinito.

Tutti gli Apostoli assumono posture diverse; sono rappresentati scalzi e tutti hanno l’aureola ad eccezione di Sant’Andrea, che è il dipinto più grande.
Ad un attento esame gli Apostoli sono riconoscibili dalle caratteristiche ed dagli attributi,  che ne hanno determinato il loro martirio o il loro segno di riconoscimento in vita.
Dodici sono i quadri che corrono lungo le pareti della chiesa, tutti di dimensioni uguali, ad eccezione di quello raffigurante Sant’Andrea, che è collocato appunto nell’abside ed è di notevoli dimensioni; quindi in totale gli “Apostoli” sono tredici.
Ma come è possibile questo, se sappiamo che gli Apostoli scelti da Gesù erano solo dodici?
C’è da fare una semplice osservazione: Giuda Iscariota, il traditore, naturalmente è stato sostituito all’interno dei dodici da S. Mattia; comunque i conti non tornano: è vero c’è un “Apostolo” in più.

L’Apostolo “intruso” è San Paolo, detto: “l’Apostolo delle genti”, rappresentato con una lunga spada in mano.

martedì 1 novembre 2016

Grano Cotto o Grano dei Morti.

Il Grano Cotto è un dolce che si tramanda di generazione in generazione il 2 novembre di ogni anno, giorno della ricorrenza dei defunti “ in onore appunto, delle persone che non ci sono più.
Nella mia famiglia questo dolce, “u grane cuutt“, come lo chiamava la mia mamma; veniva preparato una sola volta l’anno, in occasione della festività “ dei morti” ed è uno dei pochi piatti tradizionali della nostra cucina che ancora oggi conserviamo.

È un dolce conosciuto in molte zone del sud Italia, ma differisce da regione a regione solo per l’uso di alcuni ingredienti.
È un dolce ipercalorico ed antico, di origine contadina, preparato inizialmente con ingredienti poveri, andandosi ad arricchire nel corso dei secoli, fatto quindi, con ingredienti genuini e semplici, gli stessi che sono reperibili nelle nostre campagne: grano, vinocotto, fichi, uva, mandorle, noci, melagrana.

La caratteristica però che sembra mettere tutti d’accordo è che questo dolce piace a tutti, lo mangiano indistintamente gli anziani, così come lo gustano i ragazzi, anche se un po’ perplessi.
Pare che le origini di un dolce simile risalgano all'antica Grecia, in occasione della commemorazione dei defunti e durante i funerali .
Il nostro “grano cotto” è ricchissimo di simbolismi:
In tutte le culture e le religioni il grano è il simbolo stesso della vita e della fertilità.
Ma per raccogliere il chicco di grano bisogna recidere la spiga, ucciderla e il chicco solo dopo essere morto a sua volta sottoterra, rinascerà in una nuova spiga.
Il grano associato alla morte e alla resurrezione diventa il simbolo del continuo e incessante ciclo di morte e rinascita della natura.
Il vino e il grano rappresentano la rinascita, la melagrana ricorda il sangue ed è simbolo di fertilità come il fico, la noce simbolo di vita e morte.
Simbolicamente è la riaffermazione della vita che primeggia sul ciclo della vita/morte/vita.

Secondo antichissime credenze, mangiare il grano nel “Giorno dei morti” assume, oltre ad un valore rituale, anche un significato propiziatorio per garantire continuazione alla vita e prosperità.
Il grano cotto erano i defunti, il vincotto il loro sangue, le noci le loro ossa, gli acini di melograno gli occhi, i canditi la frutta che li rappresenta di più.
Secondo le antiche tradizioni c’era la concezione che, preparando un posto speciale, le forze della natura possano arrivare all'anima di chi non c'è più ... e far sentire la nostra voce.
Anticamente nelle nostre zone, vigeva il rituale di apparecchiare la tavola per i defunti la vigilia del 2 Novembre.
Come si sarà capito dall’elenco degli ingredienti, la difficoltà più grande della realizzazione del grano cotto è quella di riuscire a procurarsi il vinocotto (mosto cotto) ovvero il risultato della riduzione a caldo del mosto d’uva.
Riduzione nel senso che da 10 litri di mosto si ottiene circa un litro di vinocotto.
Fino a qualche anno fa, al di fuori delle nostre zone, dove era un ingrediente reperibile in quanto fondamentale per il dolce, era praticamente introvabile.
Oggi invece il mosto cotto lo si trova, seppure con qualche difficoltà, perché è diventato un ingrediente gourmet, da usare al posto della glassa di aceto balsamico su formaggi stagionati ed insalate. E come tale il costo è salito vertiginosamente.
La ricetta del grano cotto è semplice: si cuoce il grano, lo si lascia raffreddare e si aggiungono gli altri ingredienti.
Mia madre metteva a bagno il grano almeno 24, se non addirittura 36 ore prima di cuocerlo e lo cuoceva per circa un’ora (ma vediamo come).
La cottura del grano sul fuoco per 10/15 minuti ed una successiva cottura passiva ottenuta avvolgendo la pentola con vecchi giornali e una coperta di lana, per ridurre la dispersione di calore.

Ingredienti:
200 gr di grano tenero
70 gr di cioccolato fondente
⅞ gherigli di noce
i chicchi di una melagrana di grandezza media
1 pezzo di cedro candito
2 tazzine da caffè di mosto cotto (vinocotto)
le scorze di mezzo limone o, in alternativa, un cucchiaino di cannella in polvere.
un pizzico di sale.
Istruzioni:
1-Cuocere il grano mettendolo in una pentola pesante, coperto da almeno un paio di dita d'acqua e un pizzico di sale. Portare ad ebollizione e lasciare cuocere circa 10/15 minuti. Spegnere il fuoco, avvolgere la pentola con vecchi giornali e poi con una coperta di lana, e lasciare raffreddare.
2-Spezzettare grossolanamente il cioccolato ed i gherigli di noce.
3-Cubettare il cedro candito alla misura leggermente più grande di un chicco di melagrana.
4-Scolare (se necessario) il grano raffreddato ed aggiungere tutti gli ingredienti solidi: cioccolato, chicchi di melagrana, pezzetti di cedro.
5-Mescolare ed unire il mosto cotto.
6-Aggiungere le scorze di limone grattugiate finemente, mescolare il tutto con un cucchiaio.
7-Lasciare insaporire per almeno un paio d’ore.

8-Versatelo in coppette, servitelo e … gustatevelo, anzi, gustiamocelo!