La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

giovedì 10 novembre 2016

Gli “Apostoli” di Sant’Andrea

Entrando nella Cattedrale di Venosa (PZ) una delle opere che attirano l’attenzione del devoto e/o del visitatore è il dipinto di Sant’Andrea, alla quale è dedicata questa chiesa.
Oggi il quadro, di notevoli dimensioni, è collocato dietro l’altare in fondo alla chiesa, nell’abside a lunetta, ma anticamente il dipinto si trovava incastonato sul soffitto a cassettoni al centro della navata centrale. Purtroppo di questo prezioso ed antico soffitto a cassettoni ne abbiamo solo uno sbiadito ricordo.

Lungo i muri delle navate si possono apprezzare una serie di dipinti con cornici mistilinee, che rappresentano i SS. Apostoli: sono a figura intera e coperti con ampi panneggi.
Il ciclo dei dipinti è attribuito dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII.


Bisogna dire che i dipinti pur essendo di notevole fattura, purtroppo si apprezzano poco, perché collocati troppo in alto per ammirarne la bellezza e le caratteristiche.
I quadri sembrano essere dipinti ad olio su tela.
Il ciclo dei quadri è composto da dodici dipinti delle medesime dimensioni, più uno notevolmente più grande.
La stesura del colore rivela l’urgenza del nostro pittore di catturare un’impressione di luce o uno stato d’animo di ognuno dei soggetti ritratti.
Guardando ed analizzando con più attenzione questi quadri, mi sono posto alcune domande: quale sia il senso di queste opere?
Cosa vogliono trasmette? 
Cosa vogliono cogliere?
Come sono fatte?

Cosa rappresentano e cosa comunicano?
La poetica di questo ciclo pittorico, a mio avviso, si manifesta attraverso un linguaggio, fatto di luce, colori, forme, composizione e simboli, con cui il soggetto viene trattato.
Si tratta di soggetti simili, ma diversi, capaci di comunicare, appunto, “messaggi” diversi.
Capire la poetica di queste opere è un elemento di lettura imprescindibile, la cui mancanza produce una relazione molto superficiale con le opere stesse.
Cogliere solo l’aspetto formale, secondo me, fa perdere ogni rapporto autentico con il dipinto.

I dipinti, a mio avviso, considerata anche la collocazione, sono stati concepiti come finestre che si aprono sul cielo, e quindi per mostrare una realtà celeste, piuttosto che una terrena.
L’artista per dipingere le vesti degli Apostoli ha usato 4 colori fondamentali: il rosso porpora, il giallo testa di moro, il azzurro cobalto o ceruleo ed il rosa antico, ma non mancano il celeste, il verde oliva ed il bronzo, lo sfondo dei quadri è sempre scuro ed indefinito.

Tutti gli Apostoli assumono posture diverse; sono rappresentati scalzi e tutti hanno l’aureola ad eccezione di Sant’Andrea, che è il dipinto più grande.
Ad un attento esame gli Apostoli sono riconoscibili dalle caratteristiche ed dagli attributi,  che ne hanno determinato il loro martirio o il loro segno di riconoscimento in vita.
Dodici sono i quadri che corrono lungo le pareti della chiesa, tutti di dimensioni uguali, ad eccezione di quello raffigurante Sant’Andrea, che è collocato appunto nell’abside ed è di notevoli dimensioni; quindi in totale gli “Apostoli” sono tredici.
Ma come è possibile questo, se sappiamo che gli Apostoli scelti da Gesù erano solo dodici?
C’è da fare una semplice osservazione: Giuda Iscariota, il traditore, naturalmente è stato sostituito all’interno dei dodici da S. Mattia; comunque i conti non tornano: è vero c’è un “Apostolo” in più.

L’Apostolo “intruso” è San Paolo, detto: “l’Apostolo delle genti”, rappresentato con una lunga spada in mano.

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