Entrando
nella Cattedrale di Venosa (PZ) una delle opere che attirano l’attenzione del
devoto e/o del visitatore è il dipinto di Sant’Andrea, alla quale è dedicata
questa chiesa.
Oggi il
quadro, di notevoli dimensioni, è collocato dietro l’altare in fondo alla
chiesa, nell’abside a lunetta, ma anticamente il dipinto si trovava incastonato
sul soffitto a cassettoni al centro della navata centrale. Purtroppo di questo
prezioso ed antico soffitto a cassettoni ne abbiamo solo uno sbiadito ricordo.
Lungo i muri
delle navate si possono apprezzare una serie di dipinti con cornici mistilinee,
che rappresentano i SS. Apostoli: sono a figura intera e coperti con ampi
panneggi.
Il ciclo dei
dipinti è attribuito dalla storiografia al pittore Giuseppe Pinto di presunte
origini locali, operante a Venosa nel secolo XVII.
Bisogna dire
che i dipinti pur essendo di notevole fattura, purtroppo si apprezzano poco,
perché collocati troppo in alto per ammirarne la bellezza e le caratteristiche.
I quadri
sembrano essere dipinti ad olio su tela.
Il ciclo dei
quadri è composto da dodici dipinti delle medesime dimensioni, più uno
notevolmente più grande.
La stesura
del colore rivela l’urgenza del nostro pittore di catturare un’impressione di
luce o uno stato d’animo di ognuno dei soggetti ritratti.
Guardando ed
analizzando con più attenzione questi quadri, mi sono posto alcune domande:
quale sia il senso di queste opere?
Cosa
vogliono trasmette?
Cosa
vogliono cogliere?
Come sono
fatte?
Cosa rappresentano
e cosa comunicano?
La poetica
di questo ciclo pittorico, a mio avviso, si manifesta attraverso un linguaggio,
fatto di luce, colori, forme, composizione e simboli, con cui il soggetto viene
trattato.
Si tratta di
soggetti simili, ma diversi, capaci di comunicare, appunto, “messaggi” diversi.
Capire la
poetica di queste opere è un elemento di lettura imprescindibile, la cui
mancanza produce una relazione molto superficiale con le opere stesse.
Cogliere
solo l’aspetto formale, secondo me, fa perdere ogni rapporto autentico con il
dipinto.
I dipinti, a
mio avviso, considerata anche la collocazione, sono stati concepiti come
finestre che si aprono sul cielo, e quindi per mostrare una realtà celeste,
piuttosto che una terrena.
L’artista
per dipingere le vesti degli Apostoli ha usato 4 colori fondamentali: il rosso
porpora, il giallo testa di moro, il azzurro cobalto o ceruleo ed il rosa
antico, ma non mancano il celeste, il verde oliva ed il bronzo, lo sfondo dei
quadri è sempre scuro ed indefinito.
Tutti gli
Apostoli assumono posture diverse; sono rappresentati scalzi e tutti hanno
l’aureola ad eccezione di Sant’Andrea, che è il dipinto più grande.
Ad un
attento esame gli Apostoli sono riconoscibili dalle caratteristiche ed dagli
attributi, che ne hanno determinato il
loro martirio o il loro segno di riconoscimento in vita.
Dodici sono
i quadri che corrono lungo le pareti della chiesa, tutti di dimensioni uguali,
ad eccezione di quello raffigurante Sant’Andrea, che è collocato appunto
nell’abside ed è di notevoli dimensioni; quindi in totale gli “Apostoli” sono
tredici.
Ma come è
possibile questo, se sappiamo che gli Apostoli scelti da Gesù erano solo
dodici?
C’è da fare
una semplice osservazione: Giuda Iscariota, il traditore, naturalmente è stato
sostituito all’interno dei dodici da S. Mattia; comunque i conti non tornano: è
vero c’è un “Apostolo” in più.
L’Apostolo
“intruso” è San Paolo, detto: “l’Apostolo delle genti”, rappresentato con una
lunga spada in mano.
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