La mia Venosa

Descrivo in queste pagine la mia città, la mia Venosa.
Narro la Venosa che a me piace.
La Venosa storica e culturale; quella ricca di tradizioni e di valori.
Parlo della Venosa nella quale mi riconosco e nella quale sono cresciuto.
Questa è la Venosa che voglio cantare.

mercoledì 13 aprile 2022

03 Febbraio: la Chiesa festeggia la solennità di San Biagio.

 

03 Febbraio: la Chiesa festeggia la solennità di San Biagio.
Di Vincenzo Giaculli
L’affresco di San Biagio (XV secolo) nella antica Abbazia della SS Trinità di Venosa (Pz) e
La chiesetta rinascimentale di San Biagio in pieno centro storico sempre di Venosa
Il 3 Febbraio la Chiesa festeggia la ricorrenza e la memoria liturgica di San Biagio Vescovo e Martire.
L'affresco, che ritrae San Biagio, oggi è posto su un pannello mobile, all'interno della Abbazia della SS.ma Trinità di Venosa (PZ), ma anticamente era attaccato al muro, attualmente l'affresco è collocato sulla sinistra della navata centrale in un unico pannello in condivisione con San Chirico, non appena si varca il portone centrale della chiesa vecchia della SS. Trinità.
L'affresco sembra dipinto dalla stessa mano di alcuni degli altri affreschi circostanti.
San Biagio è rappresentato con il pastorale nella destra e la mitra vescovile sul capo.
È inquadrato in una cornice a rombi multicolori.
Indossa una veste bianca ed una casula episcopale di colore rosso vivo, ad indicare il martirio, un merlo dorato che ne delimita il contorno.
La figura appare rigida, con il viso piattamente frontale, bocca e guance lievemente rosee, con barba lunga e ben curata, dietro il capo un’aureola raggiante.
Dallo sfondo scuro, a livello del collo, si evidenzia, in caratteri cirillici armeni, il nome del santo: "S" sul lato destro e "BLASEV" sulla sinistra.
Tali caratteri apparentemente arcaici contrastano con i modelli delle vesti che fanno supporre una datazione non anteriore alla fine del XV° sec. o dei primi anni del XVI°.
Dal Martirologio Romano sappiamo che Biagio compie la sua vita terrena tra il III e il IV secolo d.c. in Anatolia che oggi è considerata la Turchia orientale e che a quei tempi era una provincia romana, chiamata Armenia minor o Cappadocia.
Le cronache ci dicono che Egli nasce intorno al 245 a Sebaste (Armenia) da una nobile famiglia armena.
Come era usanza del tempo viene avviato agli studi filosofici e successivamente a quelli medici.
Martirizzato probabilmente intorno al 316 a Sivas sempre nell'antica Armenia.
E' stato tra le ultime vittime delle persecuzioni, che Licinio, nel tentativo di sopraffare Costantino, continuò in Oriente, anche dopo l'editto del 313.
Biagio nel 285 d.c. venne investito dell’incarico di Vescovo di quella comunità e viste le continue persecuzioni nei confronti del cristiani, si ritirò su un monte, abitando dentro una caverna, dove visse nascosto per buona parte della sua vita, ma venne scoperto e arrestato.
Sottoposto a numerose torture, anche se in tempo della "pax" costantiniana, venne decapitato.
Il suo nome è comune in tutta Italia a conferma della diffusione del culto.
Come tutti i più grandi santi taumaturghi, rimane una figura misteriosa in quanto si trova per così dire in bilico tra la storia e la leggenda.
Avendo guarito miracolosamente un bimbo, cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo.
A quell'atto risale il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate.
Le candele e i pani
Rimane ancora nel giorno della sua festa, l'uso della benedizione della gola, ovvero la benedizione di San Biagio contro tutte le malattie di gola.
Dopo la messa il 3 febbraio il sacerdote in piedi sul presbiterio pone due candele incrociate sotto il mento a contatto della gola a ciascuno dei fedeli che, uno alla volta, passano davanti a lui.
A ognuno impartisce la benedizione con le parole:
«Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal male della gola e da ogni altro male.
Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo.
Si risponde: Così sia.
La benedizione avviene usando due candele benedette nel giorno precedente, festa della Candelora.
Altra usanza del giorno di San Biagio è la distribuzione in chiesa di piccoli pani benedetti.
Si dice anche che sia stato proprio San Biagio, essendo medico, a indicare un semplice rimedio per cacciare le spine di pesce, che restano nella gola, consistente nell'inghiottire una mollica di pane e i pani benedetti vorrebbero ricordare proprio questo.
A Venosa il ricordo e la commemorazione di San Biagio era ed è ancora oggi molto sentita, tanto che, in pieno centro storico, esiste, anche se sconsacrata, una piccola chiesetta intitolata la Santo.
Chiesetta voluta e costruita dal duca e principe Pirro del Balzo, poiché utilizzata per la sepoltura temporanea della moglie del duca, la duchessa Maria Donata Orsini intorno al '500-'550
L'edificio del secolo XVI è stato edificato sui resti di un precedente edificio.
Pare che 1818 alla facciata di San Biagio, ad opera dell’arciprete Giuseppe Maria Lufrano, fu aggiunta la parte superiore barocca.
Oggi la chiesetta di San Biagio, in disuso ormai da diversi decenni, si presenta come un edificio rinascimentale, con i medaglioni laterali raffiguranti lo stemma di Pirro del Balzo, effigi dello stesso e lo stemma anche dei principi Ludovisi.
La facciata è composta da quattro grandi colonne in arenaria di epoca romana, poggiate su quattro basi rettangolari e sormontate da altrettanti capitelli, che sorreggono un architrave.
Al centro si apre la porta d’ingresso con ai lati altre due colonne più piccole, anch’esse di fattura romana, che sorreggono a loro volta un frontone triangolare con timpano, dall’aspetto molto elegante.
C’è anche da dire che fino alla fine degli anni ’50, sul pinnacolo della facciata barocca, era collocata una statua in materiale calcareo raffigurante la pietà; ora questa statua, assieme ad altre opere, è situata all’interno del MEV (Museo Episcopale di Venosa).













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