L’ultimo
giorno di carnevale: il Martedì Grasso:
I
festeggiamenti maggiori avvenivano il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia
l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima.
Il Martedì
grasso in particolare era il giorno di chiusura dei festeggiamenti
carnevaleschi, dato che la Quaresima inizia con il Mercoledì delle ceneri.
Abbiamo già
detto nel post precedente, che Il carnevale a Venosa era vissuto e sentito in
modo semplice spontaneo e spensierato e quindi ci si organizzava in gruppi di
amici o di parenti.
Abbiamo già
detto pure, che i festeggiamenti si svolgevano in pubbliche "parate"
in cui dominavano elementi giocosi e fantasiosi.
Tra i
diversi e variopinti temi che la “parata” poteva mettere in scena, tra il
buffo, lo sberleffo ed il faceto, vi era quello più emblematico, che era il
funerale di “re Carnevale”.
La festa
volgeva al termine, tutti sapevano che “re Carnevale” non sarebbe arrivato
(ahimè!!) a sera.
Tutto il
pomeriggio trascorreva tra canti, balli ed abbuffate, la festa continuava con
un finto e solenne funerale che si svolgeva e si snodava chiassosamente per le
vie del paese.
Tutti i partecipanti
alla “parata” davano sfogo alla loro vivacità ed alla loro creatività, così tra
scherni, sberleffi, smorfie, versacci vari, salutavano ed accompagnavano il
malcapitato re Carnevale verso il suo ultimo ed estremo viaggio.
Una bara di
cartone veniva portata a spalla dagli amici e dai parenti di Carnevale, un
maldestro prete benedicente con chierichetti pasticcioni aprivano il corteo
funebre; “Quaranda’n’ ” - (“Quarantana”), moglie di Carnevale, si lasciava
andare a libero sfogo con buffe urla di pianto e di disperazione; cercando
consolazione ora tra le braccia di “cumba Rocch’ “ ed ora tra le braccia di
“mast’Andonie” e cercando ancora, conforto ora a “z’Pascale ” ed ora a
”Cuncettèin" o a “zeie Mariett”.
In questa
fase “Quarantana” elogiava goffamente e buffamente sia le doti, i pregi del
marito, che le magagne ed i difetti.
Dopo un
lungo pomeriggio passato tra canti, balli e scherzi, la “parata” giungeva alla
meta.
L’intero
paese si dava appuntamento in piazza Castello, davanti alla statua del Card. De
Luca per l’ultimo ed estremo saluto al re della festa, cioè appunto Carnevale.
Alla fine
della serata, tra gli ultimi scherzi, balli e canti, secondo la tradizione
carnevalesca, veniva allestito con un rituale di carattere purificatorio un
grande falò (quasi fosse una nuova creazione o rigenerazione della natura)
comprendente un "processo", una "condanna", la lettura di
un "testamento" , con il conseguente ed inevitabile
"funerale" dello sventurato "festeggiato", con il
conseguente bruciamento del "Re carnevale" rappresentato da un
fantoccio.A cornice dell'accensione del falò non raramente venivano fatti scoppiare delle girandole di fuochi pirotecnici, con mortaretti, "tric trac" e "castagnole".
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