Le pietre
parlano da sole: basta semplicemente sfiorare una pietra, antica o meno che
sia, un pilone o l’androne di un palazzo, che conservi resti di qualche casa
romana, un pezzo di colonna che affiora da qualche chiesa, costruita magari
sopra qualche tempio… ed inizia per me un vero dialogo con il tempo.
Andando per
il centro storico di Venosa io lo faccio spesso, ed ogni volta che mi capita,
provo delle emozioni e delle sensazioni che vanno oltre il tempo, oltre la
realtà.
Provate a
farlo anche voi e a chiudere gli occhi: le pietre parlano, ci raccontano cose,
ci trasportano come una macchina del tempo, basta sapere ascoltare.
Mi parlano
della loro origine, di quello che hanno rappresentato, di come abbiano con il
tempo cambiato il loro uso e del loro riuso.
Mi parlano
della magnificenza di un tempo e (ahimè) del degrado di oggi.
Mi parlano
di grandi uomini e di piccoli uomini.
Mi parlano
di discorsi antichi e di polemiche paesane.
Mi parlano
dell'abile scalpellino che ha realizzato quanto ideato dal suo committente,
della sua bravura, dei suoi sudori e della sua arte.
Mi parlano
di amori segreti, di parole bisbigliate e di baci mai dati, di storie finite in
un buio androne e di amori iniziati con la complicità di un portone socchiuso.
Mi parlano
di appuntamenti di lavoro:
“ veremm'c' craje a mateine 'nnanz' a lu Ragn' dor'
" (vediamoci domani mattina presto davanti al Ragno d’oro).
Mi parlano
di appuntamenti amorosi:
“t’ aspett’ stasèr’ a li ott’ jènd la strètt’lecchje
d’la Quaratèine o la strett’l’ de ‘u Ciùnz” - (ti aspetto questa sera alle 20
nei pressi della strettola Vico Marcello, detta della Coratina o la strettola
via P. Del Giudice, detta del Gelso).
Mi parlano
di giochi di ragazzi … mentre si gioca a trentun’ (nascondino) o a
“cacauscje”…. e di passeggiate spensierate “mizz a lu cors o jènd’ a la vèll’”
( il corso era Via Vittorio Emanuele II o in villa comunale).
E’ bello
sentire l’ebbrezza del vissuto dove le emozioni sono condivisibili, e i sogni
diventano “tangibili”, dove sembra che il tempo non sia mai passato …insomma:
un vero e proprio viaggio nel tempo.
Le rovine
rappresentano l'opera del tempo e la memoria degli uomini.
Le pietre ci
invitano a compiere un viaggio tra le vestigia di tutto un mondo molto lontano,
ma sempre presente, un mondo silenzioso, nascosto ed a volte misterioso, per
rivelarne insieme oltre alla storia, alla poesia e alla bellezza anche il
significato.
Ora che
molte di queste pietre hanno fatto ritorno alla luce e al loro primitivo
splendore, esse liberano il loro spirito, nel silenzio e nella luce.
E’ bello
sentire l’ebbrezza del vissuto dove le emozioni sono condivisibili, e i sogni
diventano “tangibili”, dove sembra che il tempo non sia mai passato …insomma:
un vero e proprio viaggio nel tempo.
Ogni
edificio potrebbe raccontare la sua storia, ma gli uomini non li ascoltano, lo
abitano.
Quando però
il suo spirito emerge, allora l’uomo riesce a sentire…”.
Ogni
costruzione, infatti, finché rimane in piedi è prigioniera del suo dovere,
celebrativo o funzionale che sia.
Quando
invece inizia la decadenza ogni costruzione si libera della sua servitù e
inizia a raccontarsi attraverso le sue crepe.
Un viaggio
nelle culture e nel tempo, ma forse oserei dire, che è più corretto definirlo:
un viaggio “senza tempo”.
La
“stratificazione della storia” è infatti un privilegio tangibile per chi vive
in questa città, ricca di luoghi dove il passato e il presente si fondono,
creando atmosfere irripetibili altrove.
È uno di
questi siti che predispongono a questo la mente, gli occhi, e il cuore.
Un esempio
ideale di cultura e bellezza:
Molti di noi
non ci pensano, ai più sfugge, ad altri è totalmente indifferente se non
inutile, ma io credo che è un privilegio che in questo paese ci sia tanta
bellezza, manca però una consapevolezza: la bellezza bisogna difenderla.
Difenderla proprio dall’ignoranza, dal degrado, dall’incuria, perché è un bene
inestimabile, e un diritto poterne usufruire tutti, liberamente, con gioia e
rispetto.
E’ il
fenomeno del “dejavu”. Ci credo: credo fermamente che esista qualcosa che vada
aldilà di tutte le realtà materiali e temporali, che ci collega con un
infinito, un passato che continua nel presente e nel futuro ed in modo
tangibile.
Chi cerca
trova: il mio "dejavù" è nelle pietre che parlano.
In una città
come Venosa, quest’impressione è empiricamente dimostrabile: chi vive qui ha il
privilegio di poter toccare con mano il passato.
Malgrado
tutti i paradossi e le contraddizioni della nostra cittadina, per me è un
privilegio vivere qui, ho sempre vissuto qui e malgrado il problemi di tutti i
giorni, la viabilità disastrata, il disinteresse e l’apatia politica, la
maleducazione, la barbarie ed il vandalismo metropolitano e l’incuria quasi
imperante nei nostri parchi meravigliosi, che meriterebbero maggior attenzione
anziché languire nell’abbandono fra cartacce, escrementi, copertoni, scarti di
laterizi e bottiglie di birra: mi basta pensare alle vie del Parco
Archeologico, un tempo attraversate al galoppo da eserciti invincibili, dalle
corti degli imperatori, come la famosa Via Appia.
Eppure
malgrado tutto, questa città-museo a cielo aperto, esercita un fascino
ineguagliabile sui residenti e sui stranieri.
“Di questa
città, di cui faccio parte, mi affascina la stratificazione della storia.
Qui si può
davvero toccare con mano, dalla preistoria al medioevo, dal rinascimento al
barocco, fino ai tempi moderni, e persino certa architettura fascista ha un suo
fascino, un suo significato nella storia dell’arte”.
Comunque è
vero. Si perdono tante cose nella vita: occhiali, ombrelli, penne, chiavi di
casa….ma c’è una cosa che non si potrà perdere mai: la nostra storia.
È la nostra
storia infatti che ci dà l’orientamento in questo mondo, e in questa epoca
difficile e un po’ oscura.
Basterebbe
guardarsi attorno, riempirsi gli occhi con bellezza dei nostri siti e
soprattutto fermarsi, ad ascoltare le pietre.
Una storia
che si vede, che si tocca, che può dare a tutti coraggio, forza e l’orgoglio
necessario per andare avanti: non dimentichiamoci che per capire chi siamo e
dove andiamo dobbiamo sapere da dove veniamo.
Le pietre ci
parlano davvero.
Vincenzo
Giaculli
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