La spada di Roma - Marco Claudio Marcello
di Vincenzo Giaculli
Marco Claudio Marcello, ovvero Marcus Claudius Marcellus, (268 a.C. circa – Venosa, 208 a.C.) nacque a Roma nel 268 circa, da un ramo plebeo della gens Claudia che aveva anche un ramo patrizio da cui provenne l'imperatore Claudio, nella familia dei Marcelli.
Quest'ultima ebbe rami sia patrizi che plebei, ma per quel che riguarda Marco e la sua familia sembra fosse plebeo nonostante le ambiziose carriere svolte.
Sia la gens Claudia che la familia Marcella avevano un glorioso passato, tanto che chi veniva meno a quel rispetto veniva cancellato dalla lista dei prenomen.
Ma il fatto di essere nato plebeo naturalmente non lo aiutò.
I patrizi non vedevano di buon occhio l'ascesa di un plebeo nei consolati, ma soprattutto nelle grandi operazioni militari.
Se un plebeo vinceva una guerra per il popolo romano vinceva due volte: primo perchè era valoroso e secondo perchè era plebeo, visto che la gran parte del popolo era plebea.
Fu nipote di Marco Claudio Marcello, console nel 292 a.C., e pronipote di Marco Claudio Marcello, console nel 331 a.C., nonché padre di Marco Claudio Marcello, console nel 196 a.C. e nonno di Marco Claudio Marcello, console nel 166 a.C.
La familia di Marco fu dunque prestigiosa per valore e gloria e conseguentemente di ceto senatoriale e consolare.
Di lui esiste un ritratto reale, impresso su una moneta coniata da un suo discendente nel 42 a.c., ma pure un suo ritratto da giovane pontefice.
Molto di ciò che sappiamo della vita e dei trionfi di Marcus Claudius Marcellus ci è stato tramandato con piena ammirazione da Tito Livio.
Lo storico ha narrato la grandezza di Roma, nella sua opera dal titolo “Ab Urbe condita libri” - Storia di Roma dalla sua fondazione.
Tito Livio definì Marco Claudio Marcello la "Spada di Roma", per il suo immenso coraggio, per il suo grande ingegno, per le sue grandi capacità di generale e di combattente corpo a corpo.
Tito Livio fu uno dei più importanti storici latini e, assieme a Orazio e Virgilio, uno dei maggiori rappresentanti dell’età d’oro della letteratura latina.
L’opera di Livio è preziosa e insostituibile per la conoscenza delle vicende storiche della fase repubblicana della storia di Roma.
Marcus Claudius Marcellus fu un grande politico ed un grande generale romano, poiché grazie alle sue doti da stratega si conquistò la fama sul campo.
Fu eletto console per cinque volte, e divenne un grande mito dei suoi tempi e di quelli a venire.
Cosa lega il grande console condottiero romano alla nostra Venosa e a tutto il territorio appulo-lucano?
Egli è vissuto per buona parte della sua vita in queste terre, contrastando ed inseguendo spesso per tutta la regione l’esercito del temibile generale cartaginese e qui vi trovò addirittura la morte, tanto che a Venosa si trova la sua presunta tomba.
La fortuna di Marcello fu che incarnò lo spirito dell’eroe nazionale, nel momento in cui Roma si trovava in seria difficoltà: i Galli minacciavano i confini a nord di Roma con continue incursioni e scorribande; Annibale riportava successi a catena in Italia e minacciava la stessa Roma.
Marcello, anche se di origini plebe, grazie alle sue spiccate doti militari e strategiche, risultò essere l’uomo giusto al momento giusto. Divenne popolare ed acquisto notevole prestigio sia politicamente che militarmente nella battaglia di Talamone nel 225 a.C.
Il confine settentrionale dei territori romani non era affatto sicuro poiché i Galli, popolo stanziato allora nell'Italia nord-occidentale, come dicevo sopra, faceva scorrerie, in territorio romano.
In quegli anni infatti le popolazione dei Celti, più comunemente conosciuti come Galli formarono sotto la loro guida una coalizione, la più grande coalizione fino ad allora mai realizzata contro i romani, composta da Emiliani Boi, Lombardi Insubri, Piemontesi Taurini, Liguri, Etruschi oltre a molti mercenari.
Polibio narra che nella battaglia si riunirono 50.000 fanti e 25.000 cavalieri.
L'esercito alleato era comunque inferiore di numero a quello romano.
I Romani disponevano anche di quattro legioni del console Gaio Atilio Regolo, che purtroppo perse la vita in battaglia.
La battaglia fu cruenta, ma i romani ebbero la meglio non solo perché di numero maggiore, ma anche per una migliore organizzazione rispetto ai nemici. Circa 40.000 nemici furono uccisi ed almeno 10.000 fatti prigionieri, tra i quali alcuni loro capi, altri riusciti a fuggire si suicidarono.
Il generale Marco Claudio Marcello, raccolto il bottino, lo inviò a Roma, quale trofeo sul Campidoglio insieme alle collane d'oro dei Galli; mentre il resto del bottino e dei prigionieri fu usato per il suo ingresso in Roma e ad ornare il suo trionfo.
Così furono battuti Celti ed i popoli a loro coalizzati che con la loro invasione avevano minacciato i popoli italici e quindi Roma, ma non distrutti.
L’epilogo decisivo avvenne nel 223-222 a.C. nella Battaglia di Clastidium.
Il generale Marco Claudio Marcello, eletto nel frattempo console, vinse e soggiogò definitivamente i Galli insubri. Si narra che un gran numero di galli trovarono la morte per mano dei Romani.
Lo stesso console Marcello, riconosciuto il re nemico Viridomaro dalle ricche vesti, lo attaccò uccidendolo di persona nel 222 a.C. nei pressi di Clastidium, oggi Casteggio, località tra Mediolanum (Milano) e Pavia in Lombardia, ottenendo la “spolia opima”, cioè il bottino strappato dal corpo del comandante nemico ucciso, fatto dall’armatura, dalle armi e dagli altri effetti, portato a Roma e offerto nel tempio di Giove Feretrio sul Campidoglio come trofeo.
La vittoria di questa battaglia dei romani sui Galli insubri portò fama e onori al generale romano, per cui Marcello ebbe l'onore del trionfo, che viene ricordato nei “Fasti triumphales” capitolini con le seguenti parole:
«M. CLAUDIUS M. F. M. N. MARCELLUS AN. DXXXI
COS. DE GALLEIS INSUBRIBUS ET GERMAN K. MART. ISQUE SPOLIA OPIMA RETTULIT
REGE HOSTIUM VIRDUMARO AD CLASTIDIUM INTERFECTO»
(Il console Marco Claudio Marcello nell’anno 531 (dalla fondazione di Roma – 222 a.C.) sconfisse i Galli e i Germani - conseguì la “spolia opima” - uccise Viridomaro a Clastidium)
I “fasti triumphales” erano un elenco annuale dei trionfi effettuati dai magistrati nell'antica Roma.
Furono pubblicati nel 12 a.C. Contenevano l'elenco dei generali vittoriosi dalla fondazione di Roma fino al principato di Augusto.
Tuttora sono conservati presso i Musei Capitolini a Roma.
La battaglia di Clastidium è descritta nei particolari da Polibio, antico storico greco, e da Tito Livio, da Plutarco, da Valerio Massimo e perfino da Cicerone.
Anche Virgilio nell’Eneide ricorda le imprese di Marcello:
Anche Virgilio nell'Eneide ricorda l'impresa di Marcello:
« Aspice, ut insignis spoliis Marcellus opimis
ingreditur uictorque uiros supereminet omnis.
Hic rem Romanam magno turbante tumultu
sistet eques, sternet Poenos Gallumque rebellem,
tertiaque arma patri suspendet capta Quirino. »
"Osserva come Marcello, insigne per le spoglie opime,
avanza e da vincitore supera tutti gli eroi.
Costui, da cavaliere, per primo sistemerà lo stato romano,
sconvolto da un grande tumulto,
per secondo vincerà i Puni ed il Gallo ribelle,
e per terzo appenderà al padre Quirino le armi catturate."
Tra i tanti altri nomi illustri di re, consoli e generali romani tra i quali Romolo, Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo, Publio Cornelio Scipione Emiliano ed altri vi è anche il “nostro” console Marcus Claudius Marcellus.
Questo onore del generale Marcello restò negli annali di Roma e pochi generali furono onorati e tramandati come lui che divenne un mito romano per contemporanei e posteri.
Venne eletto console negli anni 222 - 215 - 214 - 210 e 208 a.C.
Nel 216 a.C. durante la II guerra punica, dopo la disastrosa sconfitta a Canne, Marco Claudio prese il comando di ciò che rimaneva dell'esercito romano a Canusium, l’attuale Canosa di Puglia. Benché non riuscisse ad evitare la caduta di Capua, protesse Nola e la Campania meridionale. Marcello vinse in combattimento, a Nola (215 a.C.), contro l'esercito di Annibale, dando così ai Romani nuove speranze sull'esito della guerra.
Marco Claudio Marcello militò durante la Seconda guerra punica, dirigendo la ripresa di Roma dopo la disfatta di Canne. Per il suo coraggio e le sue capacità militari fu soprannominato la "spada di Roma" da Tito Livio.
Nel 212 a.C. le truppe romane di Marcello conquistarono Siracusa, guadagnando ai romani il possesso della Sicilia, purtroppo durante l'assalto alla città perì lo scienziato Archimede, non riconosciuto dai soldati romani.
Nel 210 Ottenne dal senato l'incarico di condurre la guerra contro Annibale.
Marcello andò in Lucania e si accampò presso Numistrone, l’attuale Muro Lucano (PZ), di fronte ad Annibale che occupava un colle.
Qui, a Cerreto Sannita, a Stigliano sono ancora presenti, veri o presunti, ponti di epoca romana detti di Annibale.
Leonardo Pisani sul suo blog personale, a proposito di questo, ne dà ulteriore testimonianza scrivendo: “La leggenda narra che nel 210 a.C Annibale dirigendosi verso l’antica Venusia (Venosa) passò per la città osco-lucana Numistro (Muro Lucano) , lì sconfisse il console romano Marcello e poi si riposò sotto una quercia.
Poi riprese il cammino attraversando un ponte che ancora esiste.”
Lo scontro non ebbe vincitori. La notte seguente Annibale in segreto mosse il campo e si incamminò verso l'Apulia.
Quando Marcello si accorse che il nemico era fuggito, inseguì Annibale fino a Venosa, dove i due eserciti si affrontarono in scaramucce, ma non in vere battaglie. Annibale continuò quindi a fuggire di notte, mentre Marcello lo inseguiva di giorno.
Il Proconsole nel 209, attaccò nuovamente Annibale nelle campagne di Strapellum (Rapolla) vicino a Venusia dall’esito sempre incerto.
Nel 208 a.C., mentre era in ricognizione con il suo collega Tito Quinzio Peno Capitolino Crispino nei pressi di Venusia, i Romani furono attaccati di sorpresa e Marcello rimase ucciso dalla cavalleria cartaginese.
Annibale, che era un uomo d'onore e rispettava i grandi combattenti, aveva avuto sempre una grande ammirazione per Marcello, fece cremare il suo corpo, depose le ceneri in un'urna d'argento e le restituì al figlio.
Egli era stato, come lo chiamò Tito Livio, "la spada di Roma".
Lo storico greco Polibio, pur riconoscendo l'onestà dei romani e l'eccellenza delle loro istituzioni civiche e militari, criticò fortemente l'imprudente comportamento di Marcello in occasione della sua morte.
Claudio Marcello è il più antico personaggio romano del quale ci sia giunto un ritratto incontrovertibile, su una moneta coniata da un suo discendente nel 42 a.C.
Nonostante tutto, a Venosa, si crede che il suo corpo sia seppellito in un antico tumulo romano.
La tradizione vi identifica la tomba del console M. Claudio Marcello.
È un nucleo cementizio alquanto informe e privo dell’originario rivestimento;
I restauri effettuati nel corso degli anni Trenta ne hanno alterato definitivamente la struttura.
Nel 1860 fu rinvenuta alla base del monumento un’urna cineraria in piombo, contenente le ceneri ed un corredo funerario prettamente femminile, come un pettine, frammenti di vetro ed un anellino argenteo, di conseguenza tale attribuzione sembra totalmente da escludere.
Dal punto di vista tipologico si tratta comunque di una tomba cosiddetta “a dado”.
Nella stessa zona sono state ritrovate epigrafi funerarie e una tomba con i resti di un bambino di epoca giulio-claudia, ora custodita all’interno dei locali del Castello, sede del museo nazionale di Venosa, per cui si ritiene che l’area sia occupata da un’intera necropoli che, disposta lungo la via Appia, ricalcherebbe il tracciato del tratturo di S. Maria degli Angeli, attualmente purtroppo totalmente cancellato dall’espansione edilizia.
Oggi in piena epoca digitale e di benessere economico, in un mondo sempre di più pieno di ipocrisie, ma insoddisfatti da una politica falsa, contrariati dalla mancanza di punti di riferimento come la scuola, la famiglia, il rispetto delle istituzioni; delusi dalla crisi di fede per il sacro e dalle capacità in noi stessi, sommersi dalla dilagante maleducazione ed amore per tutto ciò che è trash, caratterizzato da cattivo gusto, abbiamo perso o per meglio dire, abbandonato gli antichi valori tradizionali, non abbiamo più ideali stabili e non proviamo stimoli nei confronti della realtà che ci circonda, perdendo così anche la capacità di prendere iniziative e affrontare le situazioni che la vita ci presenta davanti con entusiasmo e decisione.
Oggi forse, come allora, Marco Claudio Marcello sarebbe l’uomo giusto al posto giusto.
Egli incarna ciò di cui la società ha bisogno: un uomo forte, coraggioso, autorevole, un abile politico e stratega; un comandante stimato ed amato da tutte le sue schiere; un leader che lavori in sintonia con quanto emanato democraticamente dal senato, per il bene della Repubblica e dell’Italia intera.
Marco Claudio Marcello un uomo onesto, un vero leader, un mito per sperare, forse per sognare.
Venosa (PZ) - Tomba di Marco Claudio Marcello anni '30 |
Venosa (PZ) - Tomba di Marco Claudio Marcello oggi |
Venosa (PZ) - Tomba di Marco Claudio Marcello oggi |
Marco Claudio Marcello - I FASTI CAPITOLINI (frammento) |
Venosa (PZ) - Tomba di Marco Claudio Marcello anni '30 e contenuto della tomba, che ora si trova nel Museo Nazionale all'interno del Castello di Venosa |
Grazie, interessantissimo.
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