«La nott' d' Nat'l non s' dorm,
se guard' u' bamb'nidd a la
capann'...»
così recita un antico canto popolare
natalizio venosino.
Il natale è una festa molto amata
giustamente, si crea un’atmosfera particolare, c’è una voglia di calore e
serenità nonostante tutto.
È la festa più bella dell’anno.
Però negli ultimi anni il natale è molto
cambiato.
Io ricordo questa ricorrenza negli
anni della mia infanzia, anni difficili con una disoccupazione alle stelle, una
migrazione all’estero molto alta e diffusa ed un’indigenza ampia, che ne influenzava
questa ricorrenza, ormai gratificata da consumi ben più ricchi, di quelli di
quando ero bambino.
Si facevano gare a scuola, a chi
fosse più bravo nell’allestire il presepe in fondo alla classe infatti, ognuno
di noi ragazzini, aveva il compito di portare qualcosa da casa: chi portava un
pastorello, chi della carta roccia o dei rami, chi una o due pecorelle, chi il
muschio e la sabbia per le stradine.
Alla fine il risultato era
stupefacente: perché si assisteva ad un esempio di presepe multietnico, infatti
le statuine erano tutte differenti tra di loro per colore, grandezza, fattura e
per bellezza, nonostante ciò a noi ragazzini questo non interessava, perché la
nostra gioia e la nostra fantasia ci faceva superare ogni differenza e diversità.
Prendendo in considerazione solo le
statuine della natività, personaggi prìncipi del presepe, il maestro sorteggiava
alcuni di noi ragazzini, i quali vincitori erano considerati fortunati.
Naturalmente questa gioia del Natale
e questo entusiasmo nel preparare il presepe, la portavamo a casa, dove ognuno di
noi allestiva il presepe con i propri genitori e con i propri fratelli, in un
angolo della casa.
I regali, a quelli della mia
generazione, li portava Gesù Bambino e non Santa Claus o Babbo Natale,
rubicondo e vistoso nella sua mise rossa con guarnizione di pelliccia bianca.
Il Bambinello, nato in una grotta al
freddo e al gelo, era per noi bambini di quell’epoca lontana, il vettore di
regali per lo più modesti e deludenti; d’altronde si doveva capire: il Bambinello
nato al freddo ed al gelo privilegiava regali adatti al suo habitat: guanti,
sciarpe, cappellino o golf, tutto di lana, fatti rigorosamente a mano con lana
riciclata da una vecchia maglia, e pantofole con l’interno pelo di coniglio,
qualcosa fra i più antiestetici.
Cose utili, ma non eccitanti per noi
bambini di allora.
Non poteva avere altro intento, il Bambino
Gesù, se non l’intenzione pratica derivante dalla sua origine, finché non
arrivò quel fagottone rosso con guarnizione di pelo bianco di Babbo Natale.
Il massimo della concessione ludica erano
dei mattoncini rossi della “Lego” o la scatola del “Meccano”, orrendo gioco di
composizione di elementi senza fascino, pezzetti di lamiera da saldare con
viti, per comporre inutili accrocchi; oppure dei giocattoli di latta.
A dire il vero però a me i giocattoli
(rigorosamente riciclati di anno in anno) non li portava neppure Gesù Bambino,
ma la Befana.
In seguito, col benessere di oggi, Gesù
Bambino smobilitò e arrivò l’allegro scampanante Babbo Natale, portando doni
più adeguati alle aspettative dei nuovi bambini.
Addio guanti di lana riciclata, che
facevano pantane con una sciarpetta ed un copricapo, che nascondeva le orecchie.
Babbo Natale scampanellava, rompendo
l’atmosfera sospesa del Natale di un tempo e invitava al sorriso e, pensandoci
bene, al nuovo consumo.
Questa ricorrenza ha perso nel tempo molto
del suo fascino, ma ha guadagnato in estetica; rimane quel ricatto morale che
ci vuole tutti più buoni.
Oggi le strade sono piene di
decorazioni natalizie, le vetrine dei negozi sono addobbate a festa, i
mercatini di natale che, come ogni anno, spuntano qua e là negli angoli delle
città.
Mi chiedo che ruolo ha assunto il
Natale nella società attuale?
Viviamo in una società in cui si sono
persi i valori di un tempo, una società frenetica,
in cui anche il Natale si è trasformato in una festa meramente consumistica.
Viviamo in una società in cui ogni
festa, più che un momento di riflessione o di ritrovo con le persone amate, si
trasforma in un’occasione per spendere.
Per me, la vera bellezza del Natale
non sono tanto le luci colorate, che illuminano l’albero, i balconi e le
terrazze, gli angoli delle strade, i numerosi mercatini di Natale e lo spendere
per l’acquisto dei regali, ma è il ritrovarsi tutti insieme, una volta l’anno,
con la propria famiglia, mettendo da parte per un giorno i problemi, le
difficoltà, le preoccupazioni e le tensioni; fermarsi per godere di quello che
abbiamo.
Troppo spesso ci dimentichiamo dei
valori, degli affetti, finendo per darli per scontati, perdendo il valore
prezioso delle piccole cose.
Ma oggi per noi che cos’è il Natale?
Una festa meramente consumistica o
una festa da trascorrere con i propri cari?
E la mia mente con i miei ricordi va
inesorabilmente indietro nel tempo.
In questi giorni in cui i consumi
debordano dalla routine usuale e tutti
credono di essere migliori, ma sono solo più nutriti di quanti all’epoca della
mia infanzia, che aspettavano le gratifiche di stipendio, piuttosto che amore e
pace;
di uomini di buona volontà chissà se
ci sono ancora.
Buon Natale a tutti.
VG
Nessun commento:
Posta un commento