San Tommaso
Il dipinto è collocato in alto in fondo alla navata destra
della Cattedrale di Venosa, al di sopra della cappella che ospita attualmente
il coro ligneo, subito dopo la cappella del SS. Sacramento.
Il quadro fa parte, di una serie di dipinti attribuiti al pittore
locale Giuseppe Pinto, quadri con cornici mistilinee, che corrono lungo le
pareti perimetrali della Cattedrale, che rappresentano i SS. Apostoli.
Nel nostro quadro l’autore rappresenta Tommaso con il capo
coperto da un vistoso cappuccio che non lascia intravvedere i capelli, presenta
una bianca barba riccia e lunga; vestito con tunica blu ceruleo; un ampio
mantello grigio ricopre gran parte del corpo dell’Apostolo.
Ha uno sguardo serio e dubbioso.
Con la mano destra infatti, sembra voler evocare il passo
evangelico, che lo rese protagonista per la sua incredulità nella resurrezione
del Cristo (Gv 20, 19 – 25): “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e
non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato,
non crederò”.
Con il braccio sinistro sorregge uno squadro, simbolo di
precisione, puntigliosità e di solerzia, mentre la mano sorregge parte del
mantello.
Il ciclo dei dipinti è attribuito dalla storiografia al
pittore Giuseppe Pinto di presunte origini locali, operante a Venosa nel secolo
XVII.
Bisogna dire che i dipinti pur essendo di notevole fattura,
purtroppo si apprezzano poco, perché collocati troppo in alto per ammirarne la
bellezza e le caratteristiche, prima del restauro erano addirittura contornate
da maestose cornici barocche.
I quadri sembrano essere dipinti ad olio su tela.
Il ciclo dei quadri è composto da dodici dipinti delle
medesime dimensioni, più uno notevolmente più grande che rappresenta
Sant'Andrea, a cui la chiesa è dedicata.
San Tommaso nacque e visse in Galilea durante il primo
secolo.
Chiamato da Gesù tra i Dodici. Si presenta al capitolo 11 di
Giovanni quando il Maestro decide di tornare in Giudea per andare a Betania,
dove è morto il suo amico Lazzaro.
I discepoli temono i rischi, ma Gesù ha deciso: si va. E qui
si fa sentire la voce di Tommaso, obbediente e pessimistica: «Andiamo anche noi
a morire con lui», deciso a non abbandonare Gesù.
Facciamo torto a Tommaso ricordando solo il suo momento
famoso di incredulità.
Lui è ben altro che un seguace tiepido.
Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia.
Il dipinto comunica con chi lo guarda, ci parla delle
difficoltà che l'Apostolo presenta, dei suoi dubbi e delle sue incredulità; ci
dice della sua vera natura, ci mostra com'è, ci somiglia e ci aiuta a capire.
Tutto ciò traspare dal dipinto che il pittore G. Pinto ci ha
tramandato.
Dopo la morte del Signore, sentendo parlare di risurrezione
«solo da loro», esige di toccare con mano. Quando però, otto giorni dopo, Gesù
viene e lo invita a controllare esclamerà: «Mio Signore e mio Dio!», (Gv 20, 19
– 25) come nessuno finora aveva mai fatto.
Tommaso significa “gemello” ed è detto anche Didimo.
Il suo culto nacque in India, dove subì il martirio, si
diffuse in origine in Asia minore e poi in Europa.
Prima di diventare apostolo era pescatore.
Tommaso è il santo protettore dei giudici, muratori,
artisti, carpentieri e geometri.
La Chiesa festeggia l’Apostolo Tommaso il 3 luglio.